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Nicola Fumo

(1685 ca.)

Madonna

delle Grazie

Ha davvero dell’incredibile constatare che l’opera d’arte tra le più preziose custodite a Tursi sia pressoché sconosciuta e poco apprezzata. L’aspetto più sbalorditivo di questa splendida scultura è il suo esser stata svalutata per decenni: qui accanto è ritratta in un fotogramma del 1975 scattato dalla Soprintendenza alle Gallerie di Matera, in pessimo stato di conservazione e gettata in un deposito della Cattedrale. “È di buona qualità” riporta la scheda della Soprintendenza, a firma di Renato Ruotolo, ma “escluderei che si tratti di una statua antica”. L’ipotesi, infatti, (non presentando alcuna firma o data di esecuzione) era questa: una scultura della Cattedrale, prodotta nella prima metà dell’Ottocento, che imita lo stile settecentesco, così rovinata da meritare il deposito.

Un dato certo è che sulla base si può leggere: “a di[vozio]ne di Giuseppe Federici 1887”. Sicuramente, è l’indicazione di un restauro e del suo committente, che ci informa anche che ci troviamo davanti ad un’opera quantomeno ottocentesca.

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Scatto del 1975 nel deposito della Cattedrale

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Cappella "Madonna delle Grazie" a Tursi

Un’opera graziosa, dunque, ma tra le straordinarie opere d’arte sacra conservate a Tursi doveva valere meno di niente.

Anche il sentire popolare, col tempo, ha smarrito il ricordo di questa bellissima scultura. Mentre, coloro che sono nati nei pressi della cappella dedicata alla Madonna delle Grazie e che, pertanto, ne hanno custodito la devozione, hanno perso di vista questa statua, legandosi ad un’altra sicuramente di metà-fine Ottocento, una mediocre Madonna con Bambino di quelle vestite e con sotto gli abiti un manichino, della quale oggi conserviamo solo alcune foto. Del resto, anche la cappella omonima pareva essere ottocentesca, tanto che sul portale riporta incisa la data “1887”. Di questo edificio si sa soltanto che un’antica famiglia gentilizia tursitana, i Brancalasso, l’abbiano voluta edificare dopo che in Cattedrale è stato rimosso l’altare dedicato a S. Maria le Grazie.

Nel 2005: la svolta! Gian Giotto Borrelli, critico d’arte, rivaluta la scultura e anticipa la data d’esecuzione: non imita i modelli settecenteschi, ma viene dalle mani del maestro Pietro Patalano, attivo proprio nella prima metà del XVIII sec. Infatti, la nostra statua si potrebbe accostare “per analogia di configurazione” alla Madonna col Bambino (1735) del suddetto autore, collocata nella chiesa di Santa Maria della Carità a Licata (Ag). Cresce il pregio dell’opera, che, restaurata, viene trasferita dal deposito della Cattedrale alla cappella omonima, seppure continua a non essere oggetto di venerazione tra la popolazione, in quanto difficile da trasportare in processione.

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"Madonna col Bambino" di Pietro Patalano

Cinque anni dopo, durante la giornata di studio Barocco in Rabatana. Arte a Tursi nel Settecento tenuta il 19 marzo, un nuovo critico d’arte, Filippo Aruanno, prende a cuore il nostro capolavoro e dimostra che il suo valore è maggiore di quanto si pensasse: accostandola al Busto di Santa Fausta (1680 ca.) custodito a Salandra (Mt), ha attribuito l’opera all’eccellente scultore napoletano Nicola Fumo, noto in Italia ed anche in Spagna (a Madrid è conservata la sua commovente scultura Cristo caduto). Così, tra il 2017 e il 2018, quel vecchio pezzo di legno gettato in un deposito per decenni è giunto a Firenze in una mostra di sculture lignee lucane, come una delle più prestigiose opere d’arte di tutta la Basilicata.

"Busto di Santa Fausta" di Nicola Fumo

Resta il dilemma: cosa ci fa una perla tanto pregiata a Tursi? Certo, la Città ha avuto un glorioso passato, soprattutto nel Medioevo, ma tra il Seicento e il Settecento ha conosciuto uno dei suoi momenti più bui, con il malgoverno dei Doria, le continue carestie e la peste del 1656.Oggi abbiamo la possibilità di gettare luce su questo arcano, merito della metodica ricerca del giornalista tursitano Salvatore Verde. Grazie ad una trascrizione da lui ottenuta del manoscritto del 1745 che custodisce le memorie della famiglia gentilizia dei Brancalasso, possiamo far cominciare questa nostra storia nella Cattedrale di Tursi: qui sorgeva un altare dedicato a S. Maria Le Grazie, davanti al quale era collocato un banco, appartenente alla famiglia Brancalasso; tuttavia, era posto sul primo pilastro della Cattedrale e l’allora Vescovo Mons. Galletti (1646-1653) pensò di rimuoverlo.

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"Cristo caduto" di Nicola Fumo

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Possibile affresco dell'antico altare della Cattedrale

Con quali parole di convincimento il prelato riuscì ad ottenere il consenso della famiglia non ne abbiamo conoscenza, sta di fatto che i Brancalasso non si opposero, piuttosto si convinsero ad edificare addirittura una nuova cappella nei pressi delle loro abitazioni “per non perder la divozione verso la S.S.ma Vergine dell’espressato titolo”. I lavori cominciarono nel 1663 e si conclusero nel 1676. Ciò vuol dire che anche la cappella è stata erroneamente datata alla fine dell’Ottocento e che, piuttosto, è precedente anche alla nostra scultura. Certamente, in Cattedrale non era presente una statua ma un affresco della Madonna delle Grazie, poi ricoperto di calce bianca nel 1704 e, probabilmente, ritrovato in seguito alla ricostruzione successiva all'incendio del 

Ecco, dunque, cosa ci fa un’opera di Nicola Fumo a Tursi: è stato il dono di una potente famiglia a tutti i tursitani, piagati da malattie e miseria, per non perdere il conforto di Maria!

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